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COMUNICATO STAMPA
PRESS RELEASE
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Inaugurazione della mostra:
martedì
7 maggio 2002
dalle ore 18.30
Dopo la sua anteprima europea, l'anno scorso da MC Magma,
il pittore Pieter Schoolwerth realizza la sua seconda personale
italiana da MC Magma.
Nato
a St.Louis (Missouri) nel 1970, Pieter Schoolwerth vive e
lavora a New York.
Pieter
Schoolwerth presenta da MC Magma un nuovo ciclo di pitture.
Pieter Schoolwerth presenta da MC Magma un ciclo di pitture
dal titolo: “The black rainbow domino’s effect on the infinitive
burgundy line”.
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PIETER
SCHOOLWERTH
Nel mondo dell'arte contemporanea esiste qualcosa di autenticamente
nuovo, di autenticamente originale? Cosa rimane per scioccarci
come la prima avanguardia ha già fatto? Quello shock di disgusto
che lentamente, in maniera sottile, si trasforma in seduzione
e profonda attrazione? Pieter Schoolwerth, i dipinti di Pieter
Schoolwerth, possiedono questa capacità sempre più rara, uno
stacco radicale, con il visitatore un po' distratto che entra
in una galleria, si ferma, indietreggia e forse esclama: "Now
what the FUCK is this?" Eppure questi dipinti fanno sfoggio
delle tecniche più tradizionali di tutte le forme d'arte,
telaio e tela, olio e pennello, vernice trasparente e sfumature,
luce e impasto. Il soggetto è simbolico: giovani in un'ampia
gamma di rapporti, determinati comunque da composizione e
narrativa, in posizioni a volte sgraziate, a volte classiche…
ma sempre divertente. Il genio di Schoolwerth è quello di
un'arte che in termini descrittivi non potrebbe generare la
benché minima offesa, che nell'analisi in prosa non crea il
benché minimo scandalo, ma che in carne ed ossa, nella realtà
fisica, risulta immediatamente oltraggiosa. Siamo infastiditi
dal soggetto? Dalle stranezze dei caratteri ritratti e dai
loro oggetti curiosi? Dalle implicazioni di una qualche visione
freudiana che svela i legami nascosti fra oggetti comuni,
come sigarette, ombrelli e cannucce? O siamo indignati dalla
tecnica in se stessa, dalla durezza dei contorni, dalla volgarità
della lucentezza, dalla colorazione stridente e chiara, dalla
brillantezza trasparente delle ampie superfici? Il volume
è molto molto alto, volume nel senso di vistosità e dimensione
spaziale, volume troppo consistente per permettere a chiunque
di allontanarsi senza sentirsi catturato o influenzato da
questi dipinti. In principio dovreste odiarli a prima vista,
eppure li trovate stranamente difficili da dimenticare, resistono
nella memoria come un disagio, un ricordo provocatorio, prima
che possiate capire quanto desiderate contemplarli ancora,
contemplarli regolarmente. Forse giova sapere che Schoolwerth
proviene da un background che è quello dell'arte concettuale,
letteralmente un'arte costruita da "concetti" di linguaggio,
segni, codifica dei colori e sistemi di numerazione. Alla
"Cal Arts" Schoolwerth ha creato opere basate su una semiotica
inventata, un suo linguaggio, con le sue regole e la sua logica
interna derivata da una complessa operazione sul nostro alfabeto
tradizionale. Questo lavoro iniziale era espresso mediante
il disegno, la rappresentazione, la scultura, i video e i
film. E' curioso che Schoolwerth non abbia mai usato la fotografia
e infatti, oggi, i suoi dipinti possono essere ancora legati
alle generose forme della rappresentazione e del film, mai
allo spazio della fotografia. Schoolwerth ha resistito alla
fotografia durante tutta la sua vita artistica, perché la
fotografia comprime il tempo, mentre Schoolwerth lo allunga
e lo dilata continuamente. Le prime opere di Schoolwerth potevano
sembrare all'osservatore superficiale ermetiche fino all'impossibile,
ma per l'artista stesso funzionavano con esattezza e precisione.
Di sicuro una parte di questo senso dell'inspiegabile, del
privato, del segreto, permane anche nei dipinti più recenti
di Schoolwerth. Possono sembrare aperti e semplici, la forma
di espressione più vistosa possibile, ma al tempo stesso ogni
tela nasconde i suoi codici, vela le sue intenzioni, provoca
continuamente con quanto rimane nascosto. Forse è proprio
questa la chiave della forza duratura delle opere di Schoolwerth,
che in superficie offrono tutto e in abbondanza, ma non rivelano
niente dei loro abissi più profondi e labirintici.
Testo
di Adrian Dannatt
Adrian
Dannatt è uno scrittore inglese, vive e lavora a New York.
Collabora con varie riviste quali Flash Art, The Art Newspaper,
Lacanian Ink ed altre.
Pieter
Schoolwerth sarà presente all'inaugurazione, martedì 7 maggio
2002 oltre che su appuntamento, dal 5 al 8 maggio per incontri
con la stampa.
Durata
dell'evento, dal 7 maggio al 15 giugno 2002. Orari di galleria
dal mercoledì al sabato, dalle ore 15.00 alle 19.00.
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Opening:
Tuesday, May 7, 2002 at 6.30 PM
After
the european premiere, last year at MC Magma, the painter
Pieter Schoolwerth have his second Italian solo exhibition
at MC Magma.
Born
in St. Louis, Missouri, in 1970, Pieter Schoolwerth lives
and works in New York.
Pieter
Schoolwerth presents a solo exhibition of new works at MC
Magma.
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PIETER
SCHOOLWERTH
Is
there anything genuinely new, genuinely original in the contemporary
art world? What is left to shock us in that way the true avant-garde
has always done, that shock of disgust which slowly, subtly,
turns to one of fascination and deep attraction? Pieter Schoolwerth,
the paintings of Pieter Schoolwerth, have this increasingly
rare ability, a radical lift off, by which the casual visitor
on walking into the gallery will stop, recoil, and perchance
exclaim "Now what the FUCK is this?" And yet and yet these
paintings deploy the most traditional techniques of all forms
of art, stretcher and canvas, oil and brush, glaze and scumble,
highlight and impasto. The subject matter is figurative, young
people in a variety of relations determined equally by composition
and narrative, their positions sometimes awkward, sometimes
classical and always amusing. The genius of Schoolwerth is
precisely that of an art which in descriptive terms could
raise not the least offence, which in prose analysis poses
not the faintest scandal but which in the flesh, in physical
reality, is immediately outrageous. Are we outraged by the
subject matter, the oddities of the depicted characters and
their curious props, the implications of perhaps even a Freudian
vision to unveil hidden connections between commonplace objects,
cigarettes, umbrellas, straws? Or are we outraged by the technique
itself, the hardness of the outlines, the vulgarity of the
sheen, the stridency and clarity of colouration, the sheer
brilliance of their wide surfaces? The volume is way way up,
volume in the sense of both loudness and spatial dimension,
the volume is just too fat for anybody to turn away unengaged
or unaffected by these paintings. You should in principle
hate them on first sight yet find them oddly hard to forget,
lingering in the memory as an annoyance, a provocative recollection,
before realizing just how much you would like to see them
again, see them on a regular basis. Perhaps it helps to know
that Schoolwerth comes from a background in conceptual art,
literally an art built from "concepts" of language, signage,
colour coding and number systems. At Cal Arts Schoolwerth
created work based around an invented semiotics, derived from
a complex operation upon our traditional alphabet, his own
language with its regulations and internal logic. This early
work was expressed through drawing, performance, sculpture,
video and film. Curiously Schoolwerth never used photography
and likewise his paintings today could still be linked with
the generous forms of performance and film but never with
the space of photography. Schoolwerth has resisted the photographic
throughout his oeuvre, for the photograph collapses time whilst
Schoolwerth extends and enlarges time continually. Schoolwerth's
earlier work may have seemed impossibly hermetic to a casual
observer but it operated with accuracy and precision for the
artist himself. Surely some of this sense of the unexplained,
the private, the secret system remains even in Schoolwerth's
most recent paintings. They may seem overt and easy, the most
blatant form of expression possible, but at the same time
each canvas hides its codes, veils its intentions, continually
teases with its undisclosed remainder. Perhaps this is the
key to the lasting power of Schoolwerth's work, offering an
abundance of everything upon the surface, but divulging nothing
of its profound, labyrinthine depths.
Text
by Adrian Dannatt
Adrian
Dannatt is an English writer, lives and works in New York
City. He contributes regularly to Flash Art, The Art Newspaper,
Lacanian Ink and other
Pieter
Schoolwerth will be at the show's opening Tuesday May 7, 2002;
will also be available by appointment and from May 5 - 8 for
press conferences.
Show
runs: 7 May - 15 June, 2002. Gallery Hours: Wednesday through
Saturday, 3:00 - 7:00 PM.
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